L’Italia è da sempre una terra unica al mondo. Protetta dalle Alpi dai freddi venti del nord, questa lunga striscia di terra lambita dal tiepido Mediterraneo si è da sempre offerta con dolci paesaggi, fertili vallate e coste di straordinaria bellezza. Dopo la grande civiltà unificatrice romana questa terra è stata separata, nei secoli, in tanti comuni, principati, ducati, regni, repubbliche. Anche le montagne che l’attraversano creano valli nelle quali vivono popolazioni separate da confini naturali che facilitano la formazione di autonomie politiche, economiche, culturali, gastronomiche e linguistiche.
Quando, intorno all’anno 1300, si erano già formati in Europa potenti stati centrali, con una sola capitale e una lingua con poche varianti locali, l’Italia aveva molte piccole e grandi capitali e numerose lingue che sfumavano in una serie sterminata di dialetti locali. Un territorio frammentato e debole che, però, a causa delle differenze che ne derivavano, produsse un’incredibile quantità di opere d’arte. Una capitale, piccola o grande, necessita di una reggia, serve anche un’università, un’accademia musicale o artistica, un bel teatro e così via. Si formarono multiformi tradizioni, tra cui quelle culinarie e linguistiche di cui l’Italia ancora oggi è tanto ricca.
Queste trasformazioni nei secoli hanno, dunque, inciso anche nella trasformazione della lingua. Già nell’antica Roma vi era il latino classico (quello parlato dalla “prima classe” romana, da Cicerone ad Orazio e Virgilio) e quello parlato dal volgo, il volgare, usato nel teatro di Plauto e Terenzio.Il latino classico verrà modificato anche dalla Chiesa per farsi capire da tutti. Sant’Agostino scrive: “Ci biasimino pure i grammatici purchè ci capiscano i popoli”. Toccherà agli intellettuali del Rinascimento ricostruire la grammatica latina partendo dalla rilettura dei classici e dare vita ad una nuova lingua nazionale.
Ora che può dirsi quasi compiuto, grazie al Petrarca ed al Bembo, al Parini ed al Manzoni,lo sforzo per dare agli italiani la possibilità di capirsi mediante una lingua comune, i dialetti rischiano di perdersi in una uniformità che mina alla radice il patrimonio delle differenze; differenze che non stimolano divisioni politiche o economiche, ma che rappresentano oggi unicamente fonte di progresso sociale. La salvaguardia delle tradizioni, delle tipicità e delle peculiarità dei territori non sono un pensiero rivolto al passato, alla nostalgia, alla polvere del tempo, ma fanno parte del nostro futuro.
Assolveremo come popolo al nostro dovere se ne conserveremo la memoria e l’attualità per non disperdere l’unica eredità che possediamo nell’indistinto mare di una grigia e banale uniformità, fonte d’impoverimento culturale ed economico: e in tale ambito le diverse Lingue o Dialetti, sono la migliore rappresentazione di queste prodigiose e positive differenze.
Per questo nel Atto costitutivo e nello Statuto della “Consulta per i dialetti parmigiani” si afferma che i Dialetti sono un bene immateriale che arricchisce la nostra Nazione esaltandone le peculiarità e rafforzando il senso di appartenenza e identità di ogni popolazione che in essi si riconosce.
Il nostro scopo è la promozione della cultura e dell’arte del nostro territorio, in particolare sviluppare la conoscenza e la diffusione del dialetto parmigiano promuovendo e appoggiando iniziative e progetti che ne favoriscano l’utilizzo. Particolare impegno sarà profuso affinché ne sia stimolata la comprensione e l’uso frequente, nella consapevolezza che il dialetto potrà essere sottratto all’oblio e tramandato vivo alle successive generazioni parlandolo in tutte le occasioni possibili.
La Consulta cercherà di tramandare il Dialetto sia tramite registrazioni audio sia utilizzando, per i testi, opportune regole di grafia. Cercherà di farlo amare anche alle giovani generazioni, segnatamente nel mondo della scuola,ed ai nuovi parmigiani e si sforzerà di recuperare la memoria del passato consolidando la nostra identità parmigiana.
A tal fine la Consulta coltiverà a livello locale, nazionale ed internazionale, relazioni con Enti, Istituzioni, Centri di Studio e privati che si occupano della salvaguardia delle realtà dialettali promuovendo, anche in collaborazione con essi, attività coerenti con i propri scopi, quali convegni, incontri, concorsi, dibattiti, seminari, articoli di stampa e ricerche.
L’oggetto di principale interesse per la Consulta è il Dialetto parmigiano, ma senza escludere altri dialetti e, segnatamente, quelli parmensi. Alle finalità della Consulta sono estranei impegni, condizionamenti o discriminazioni razziali, di genere, confessionali, politiche, di cittadinanza o di qualsiasi altra natura.
La Consulta, voluta da alcuni innamorati del dialetto parmigiano e da alcune associazioni storicamente impegnate nel settore come la Famija Pramzana e Parma Nostra, è logicamente impegnata a non sostituirsi ad esse ma a collaborare per la promozione della cultura e del dialetto parmigiano.